12 maggio: San Pancrazio martire

L’atleta di Cristo
Il “pancrazio” era uno sport che si praticava nelle Olimpiadi dell’antica Grecia. Gli atleti si dovevano cimentare in un misto di pugilato e di lotta corpo a corpo, senza esclusione di colpi. Erano proibiti solo il morso e l’accecamento.
Trasposta la lotta fisica a quella spirituale contro il male e il demonio, un ragazzo di 15 anni, di nome Pancrazio, lottò e vinse, ben più della corona di olivo che, incoronava i vincitori del “pancrazio”, ma quella del martirio.
Nacque verso la fine dell’anno 289, a Sinnada, cittadina della Frigia, attuale Turchia, in una ricca famiglia pagana di origine romana. Sua madre morì nel darlo alla luce, mentre, suo padre, la seguì otto anni dopo. Rimasto orfano, con una ricca eredità, si occupò di lui suo zio Dionisio, il quale lo condusse a Roma, per stabilirsi in una villa sul Monte Celio. Venuti in contatto con la comunità cristiana, divennero catecumeni.
Ben presto, Pancrazio ricevette il Battesimo e l’Eucaristia. Purtroppo, nel 303 l’imperatore Diocleziano scatenò la persecuzione contro i cristiani, i quali, per salvarsi, dovevano offrire sacrifici agli dei.
Anche Pancrazio fu costretto a sacrificare per mostrare la sua fedeltà all’imperatore. Nonostante le minacce, il ragazzo non volle mai rinnegare la fede. Durante l’interrogatorio, non esitò ad accettare la morte piuttosto che abbandonare Cristo. Venne, quindi, condannato alla decapitazione. Lo condussero sulla via Aurelia, dove eseguirono la sentenza. Era il 12 maggio del 304.
Una matrona romana di nome Ottavilla, recuperò il corpo e lo collocò in un sepolcro nuovo, nelle Catacombe. In seguito, Papa Simmaco fece costruire una Basilica in suo onore che, Onorio I, fece adattare per far coincidere l’altare proprio in corrispondenza della tomba.