A colloquio con Giandomenico Spinola, Vice Direttore artistico-scientifico dei Musei Vaticani
Il restauro degli allestimenti scultorei dell’Atrio dei Quattro Cancelli
Dodici statue e due sarcofagi: sono gli allestimenti scultorei presenti nelle nicchie dell’Atrio dei Quattro Cancelli e alla base della Scala Simonetti dei Musei Vaticani. Sono stati interessati da un intervento di restauro che ha permesso di monitorare e studiare nel dettaglio opere a lungo trascurate. Ne parla in questa intervista a www.vaticanstate.va il Vice Direttore artistico-scientifico dei Musei Vaticani, il professor Giandomenico Spinola.
Qual è stata la motivazione principale che ha portato all’avvio dell’intervento conservativo tra il 2023 e il 2024?
Le sculture restaurate sono quattordici, dodici statue e due sarcofagi: una statua restaurata come Meleagro (inv. 150); un Ares “tipo Borghese” con testa non pertinente dell’imperatore Claudio (inv. 152); una statua con torso del Doriforo e ritratto non pertinente dell’imperatore Tito (inv. 153); una statua maschile ispirata al c.d. Diomede di Cuma con testa di giovane non pertinente (inv. 155); un atleta con testa non pertinente di Hermes (inv. 156); un togato con ritratto non pertinente (inv. 158); un Eracle con testa non pertinente (inv. 159); un altro togato con ritratto non pertinente (inv. 161); un giovane togato con testa non pertinente di Tiberio Gemello (inv. 162); una statua di barbaro (inv. 163); un altro atleta con testa non pertinente del Discoforo (inv. 164); un’altra statua di Eracle in riposo (inv. 164); un sarcofago con grifoni affrontati e suo coperchio con strumenti sacrificali (inv. 166) e un altro sarcofago con eroti clipeofori (inv. 167). Si tratta degli allestimenti scultorei non solo pertinenti alle nicchie dell’Atrio dei Quattro Cancelli ma anche della base dell’adiacente Scala Simonetti.
Tutte le sculture marmoree elencate non erano state recentemente sottoposte a interventi di restauro e puliture approfondite, mentre allo stesso tempo introducevano i visitatori al Museo Pio Clementino, il prezioso nucleo originario dei Musei Vaticani. Questo accurato intervento di restauro si è quindi reso necessario per presentare in maniera adeguata e fin da principio le nostre collezioni, ma è risultato anche un’occasione per monitorare e studiare nel dettaglio opere a lungo trascurate.
In che condizioni versavano le sculture prima dell’intervento?
Lo spazio dei Quattro Cancelli, come suggerito anche dal suo nome, è una sala con quattro aperture, di cui due verso aree scoperte. Questa caratteristica ha comportato un’esposizione quasi diretta delle sculture ai cambiamenti climatici stagionali, come anche al transito di tutti visitatori e, occasionalmente, di mezzi di trasporto. Si tratta di condizioni ambientali che hanno portato sulle opere una notevole quantità di sporcizia, come anche al deterioramento di alcuni elementi lignei e metallici giustapposti o inseriti nelle sculture alla fine del ’700. Trattandosi di sculture fortemente rilavorate e integrate in quel periodo, ancor più grave è risultata la condizione dei perni metallici che internamente bloccavano i diversi elementi marmorei, che spesso si sono ossidati causando dei sollevamenti e distacchi delle parti.
Come è stato selezionato il gruppo di opere coinvolto nel restauro?
L’equipe del Reparto di Antichità Greche e Romane – che vede Claudia Valeri come curatore ed Eleonora Ferrazza, Leonardo Di Blasi, Sabina Francini e Clara Di Fazio come assistenti – ha collaborato sia alla preparazione della gara di appalto, sia alla selezione della ditta cui affidare l’incarico, sia alla corretta esecuzione del lavoro. Ovviamente per tutti gli aspetti tecnici della gara e del restauro ci si è avvalsi della supervisione del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei, diretto da Guy Devreux.
A seguito della selezione della gara, la ditta prescelta è risultata la Kavaklik, sia sulla base del preventivo offerto sia in considerazione della tipologia d’intervento proposta. La ditta Kavaklik in passato aveva già collaborato con i Musei Vaticani, dando prova di professionalità, competenza e capacità tecniche, quindi dava ampie garanzie per un lavoro in sintonia con i nostri criteri e le nostre necessità. Del resto una gran parte degli interventi ha previsto lo spostamento delle sculture all’interno del laboratorio di restauro e questo ha comportato un lavoro in stretta sinergia con i nostri restauratori.
Ci può raccontare brevemente la storia dell’Atrio dei Quattro Cancelli e del ruolo che ha nella musealizzazione delle sculture romane?
L’Atrio dei Quattro Cancelli è stato progettato nel 1786 dall’architetto Giuseppe Camporese (1763-1822) e risulta tra le ultime creazioni del Museo Pio Clementino. Tale realizzazione architettonica dovette prevedere l’eliminazione del bel portale del Cortile degli Archivi, presente fin dal pontificato di Paolo V (1605-1621), ed iniziò contemporaneamente alla costruzione della soprastante Sala della Biga. La poderosa struttura ha una pianta a croce greca, con nicchie per statue sui due lati di ogni braccio. Il volume esterno dell’edificio ricorda alcune architetture ecclesiastiche cinquecentesche a pianta centrale, naturalmente rielaborate in scala minore ed in forme più accademiche (come la vicina Sala a Croce Greca). La monumentalizzazione dell’ingresso all’Atrio dei Quattro Cancelli è accentuata dal protiro verso i giardini, con l’inquadramento dell’accesso tramite due colonne antiche di reimpiego in marmo cipollino. Gli ingressi vennero presto chiusi da cancellate in ferro ed infine si ultimò (intorno al 1813) anche l’allestimento delle statue nelle nicchie. Inizialmente l’architettura servì – come il portale precedente – da vano di raccordo e passaggio monumentale al “Corridoio della Libreria” e solo dal 1870 ebbe il ruolo di ingresso dei Musei Vaticani, attraverso via delle Fondamenta alle spalle della Basilica di S. Pietro, per evitare il grande flusso dei visitatori all’interno dei Palazzi Vaticani. Questo accesso ai Musei durò fino al 1932, anno in cui vennero realizzati il grande portale di ingresso ai Musei, lungo le mura vaticane, e la successiva Scala Elicoidale; in questa occasione, al lato occidentale dell’Atrio dei Quattro Cancelli venne addossato il braccio di un portico di raccordo con l’edificio, che accoglieva la Scala Elicoidale e con quello della Pinacoteca, appena costruiti. Attualmente, il moderno braccio terminale dell’ingresso degli anni ’30 ai Musei Vaticani – ben diverso dalle strutture precedenti – è stato collegato al portico coevo, proprio in prossimità dell’innesto di quest’ultimo nella struttura dell’Atrio dei Quattro Cancelli.
Riguardo la musealizzazione delle sculture, va ricordato che in tutto il Museo Pio Clementino queste sono in dialogo diretto con le architetture: se le sculture “arredavano” le architetture, le architetture esaltavano le sculture. Il loro allestimento in questi ambienti neoclassici vuole riproporre idealmente quel che nel ’700 era percepito come un richiamo esplicito all’antico.
Ci sono elementi iconografici o stilistici che sono emersi meglio dopo il restauro?
Come accennato, si tratta di opere molto “manipolate” e integrate nel ’700, di sculture composte di più parti antiche e moderne non pertinenti fra loro. Per lo più si è evitato lo smontaggio di queste parti, che avrebbe comportato un lavoro ancor più complesso e, soprattutto, avrebbe esposto le opere ad alcuni rischi. Ciononostante il poter sottoporre le sculture ad attenti e accurati esami autoptici, con il supporto del Gabinetto di Ricerche Scientifiche (sotto la guida di Fabio Morresi), ha permesso di verificare al dettaglio sia lo stato di conservazione sia la differente qualità stilistica degli elementi costitutivi. Ogni opera è stata oggetto di un esame analitico, ogni parte che la costituiva è stata valutata e studiata a parte, talvolta definendo meglio – e scientificamente – ciò che era stato ipotizzato, altre volte modificando le teorie precedenti.
Come cambia oggi la percezione del pubblico rispetto a queste opere, dopo il restauro?
Il pubblico avrà la netta sensazione di trovarsi di fronte a un allestimento ricco e prezioso, segnato dal gusto e dai criteri espositivi neoclassici; soprattutto, però, si noterà come le opere siano di una qualità superiore a quella precedentemente percepita (per chi le avesse già viste). Nelle sculture emergerà una maggiore uniformità, in considerazione del fatto che le parti integrate saranno distinguibili solo da occhi esperti in materia: infatti le stuccature sono state riviste e le antiche patine, riportate alla luce dopo la pulitura, si accompagnano ora assai meglio, a seguito dei trattamenti delle superfici relativi alle fasi terminali del restauro.
L’unico rimpianto consiste nel non aver ancora avuto la possibilità di intervenire sull’architettura dei Quattro Cancelli. Per il pubblico, come anche per noi, emerge – quasi uno stacco chiaro – il nitore delle superfici marmoree e delle nicchie ove sono allestite le statue, luminose grazie alla pulitura, rispetto al differente stato di conservazione degli intonaci e degli stucchi del resto delle pareti e delle volte. Si tratterà però solo di aver pazienza, è un lavoro che abbiamo in animo e presto il restauro architettonico sarà in programma e ridarà coerenza a quello già ultimato delle sculture.
Il restauro ha comportato modifiche anche nell’allestimento dell’Atrio?
Il restauro non ha comportato evidenti modifiche agli allestimenti, se non per qualche dettaglio. Alcune nicchie, il cui fondo era reso irregolare e deturpato dall’aggancio delle sculture esposte, sono state correttamente riadattate nella loro forma e le opere sono state conseguentemente riposizionate in maniera più corretta e sicura. Un sarcofago – alla base della Scala Simonetti – risultava in una posizione rischiosa, avendo subito vari danni causati dal transito del pubblico e, soprattutto, da quello interno verso ambienti di servizio adibiti a magazzini. Di conseguenza si è preferito sostituirlo e portarlo in esposizione nel Museo Gregoriano Profano ex Lateranense, dove verrà tutelato e meglio valorizzato.
Come viene garantita oggi la conservazione a lungo termine di questi manufatti esposti al pubblico?
La migliore garanzia cui affidarsi è certamente costituita dalla manutenzione e dallo spolvero delle aree espositive. Da molti anni – con qualche breve periodo di pausa dovuto a necessità amministrative e giuridiche – i Musei Vaticani hanno infatti contrattualizzato (attraverso gare di appalto, ora disciplinate dalle “Norme sulla trasparenza, controllo e concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”) le ditte che si occupano della manutenzione periodica. Queste ditte forniscono delle squadre di restauratori che provvedono lungo tutto il percorso museale, come anche nei magazzini, a spolverare e ad effettuare dei piccoli interventi sulle opere, operando periodicamente nei diversi settori. In questa occasione ci viene anche fornito lo stato dell’esposizione, con utilissime segnalazioni di danni e di rischi, su cui poi è possibile intervenire tempestivamente.
Naturalmente tali attività sono supervisionate dall’Ufficio del Conservatore, diretto da Marco Maggi, che con la sua equipe segue le manutenzioni, come del resto monitora l’insieme delle aree di competenza dei Musei Vaticani.